Prima che il turismo cambiasse in profonditĂ coordinate economiche e sociali, agricoltura e piccolo commercio erano le attivitĂ principali sull’isola d’Ischia. Una delle figure chiave di quest’antica divisione del lavoro era il cosidetto “ciucciaio”, possessore di uno o piĂą muli indispensabili per trasportare il vino e gli altri prodotti agricoli. Molti terreni, infatti, si trovavano lontano dai porti e dai centri storici e così serviva una figura che si facesse carico del trasporto merci, mettendo in comunicazione, come diremmo oggi, produzione e distribuzione.
Specie a Forio e Serrara Fontana i ciucciai erano davvero molti, al punto che bisognò regolamentare il servizio per evitare che prevalesse l’anarchia tariffaria e gli inevitabili disordini. Una professione importante, quindi, appannaggio di alcune storiche famiglie che in diversi casi sono riuscite a confermare la propria centralità sociale anche in seguito alla scomparsa del mestiere.
CuriositĂ
Agli albori del turismo, i “ciucciai” di Serrara Fontana si reinventarono guide accompagnando i forestieri a dorso di mulo sulla vetta del Monte Epomeo.
La devozione a Sant’Antonio Abate, protettore degli animali domestici e d’allevamento, è sempre stata un punto fermo dei ciucciai che a Forio, in localitĂ Piellero, dedicarono al santo una cappella votiva. Da quel momento, anno 1905, il 17 gennaio si festeggia la ricorrenza del santo con la messa, il falò (“fucarazzo” in dialetto) e la benedizione degli animali. I muli innanzitutto, ma anche conigli, maiali e cani da caccia (l’attivitĂ venatoria è tuttora diffusa sull’isola d’Ischia).
Quanto alla scelta del luogo, non è affatto casuale. La cappella sorge ai piedi della salita che porta in cima al borgo di Santa Maria al Monte, antico villaggio contadino a oltre 500 metri sul livello del mare. Nei paraggi dell’edicola votiva, inoltre, c’è una sorgente d’acqua utilizzata anche come abbeveratoio per gli animali.
Insomma, uno snodo centrale per i traffici agricoli di un territorio, Forio, che rispetto agli altri comuni dell’isola d’Ischia si è affacciato più tardi al turismo. Il cambiamento, quando è arrivato, per molti versi è stato assai repentino; per altri, invece, ha consentito la sopravvivenza di diverse tradizioni popolari, tra cui questa (invero molto diffusa in Campania).
Infine, una nota sul fuoco. Da sempre simbolo di purificazione, il fuoco è l’elemento identitario per eccellenza. Sempre diverso, eppure sempre uguale, è la giusta allegoria per ribadire i legami comunitari, tanto più in una piccola isola in mezzo al Mediterraneo.
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